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La Famiglia e la Vita umana nel messaggio di Ghiaie

 

 


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L'aborto procurato


L'aborto costituisce la forma più grave tra tutti i delitti con i quali si calpesta la dignità della vita umana. Lo è già per la sua estensione, che abbraccia quasi tutti i paesi del mondo e con un numero di vittime, ogni anno, superiore di molto a quello di qualunque altra forma di strage collettiva, comprese le guerre di ogni tempo.

Ma lo è pure dal punto di vista qualitativo, cioè per la sua particolare gravità morale. Il Concilio Vaticano II, lo chiama abominevole delitto e Giovanni Paolo II afferma: «Fra tutti i delitti che l'uomo può compiere contro la vita, l'aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile» (Evangelium Vitae, n. 4).

Un altro primato detiene l'aborto: è il primo tra i delitti contro la vita che è stato socialmente e giuridicamente legittimato; altro aspetto inedito e se possibile ancora più iniquo.

Quale sia il momento in cui inizia la vita di una persona è tornato a costituire problema, e vivacemente dibattuto, negli ultimi decenni, in connessione specialmente con la scoperta e la diffusione delle tecniche di riproduzione umana e la conseguente disponibilità di embrioni precoci, come pure con la comparsa di modalità nuove di effettuare l'aborto nelle fasi iniziali dello sviluppo dell'embrione. Fare iniziare la vita non dal concepimento, ma soltanto ad un certo punto dello sviluppo dello zigote, la cellula risultante dall'unione dello spermatozoo maschile con l'uovo femminile, è chiaro che scagionerebbe da ogni accusa di omicidio tutti gli interventi che implicano la soppressione di embrioni prima che abbiano raggiunto quel grado di sviluppo.

Alla domanda quando inizia la vita di una persona umana, esistono risposte molto diverse, complicate da distinzioni che si pongono tra la vita puramente biologica e vita propriamente umana, tra vita dell'individuo e vita della persona. Le varie tesi si collocano tra quella, tenuta anche dalla Chiesa, che pone l'inizio nel concepimento e quelle che lo pongono a qualche anno dalla nascita, con tutta una serie di date intermedie.

Quella che ha maggiore seguito fissa l'inizio al quattordicesimo giorno dal concepimento, con giustificazioni di vario genere, per esempio: cessa ogni possibilità di gemellazione, si delinea un primo abbozzo di progetto di organismo umano. La Chiesa insegna che la vita della persona umana inizia dal momento della concezione, cioè con il formarsi dello zigote. Si è detto persona, perché tale è ogni individuo vivente; non c'è vita umana che non sia vita personale (cfr. Lino Ciccone, «La vita umana», Ed. Ares, 2000, pp. 101-102).

In realtà, dal momento in cui l'uovo femminile è fecondato, inizia una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona con le sue caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura di una nuova vita umana che richiede tempo per completarsi.

Anche se la presenza di un'anima spirituale non può essere rilevata dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull'embrione umano a fornire una indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: le conclusioni della scienza sull'embrione dicono che si tratta di un individuo umano e, se è tale, è anche una persona umana.

Del resto, basta la probabilità di trovarsi di fronte ad una persona per giustificare la proibizione assoluta di ogni intervento tendente a sopprimere l'embrione umano. Proprio per questo la Chiesa ha sempre insegnato che al frutto della generazione umana, dal primo istante della sua esistenza, va garantito il rispetto incondizionato che è dovuto all'essere umano.
L'accettazione dell'aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è il segno di una pericolosissima perdita della capacità di distinguere tra il bene e il male, anche quando si tratta del diritto fondamentale alla vita.

Di fronte ad una situazione così grave bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Nel caso dell'aborto si nota la diffusione di parole ambigue che tendono a nasconderne la natura, ad attenuarne la gravità. Invece di parlare di aborto si dice: interruzione della gravidanza. Questo modo di parlare, oltre che voler ingannare l'opinione pubblica, forse nasconde un certo disagio della coscienza. Ma nessuna parola può cambiare la realtà. L'aborto procurato è l'uccisione deliberata, comunque venga attuata, di un essere umano nel tempo compreso tra il concepimento e la nascita.

L'aborto è un delitto che assume una particolare gravità perché viene soppresso un essere umano che si affaccia alla vita, il più innocente tra tutti, che non può essere considerato un aggressore e tanto meno un ingiusto aggressore. Questo essere umano è debole, inerme, privo anche di quella minima forma di difesa che è data dal pianto del neonato. È totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Eppure spesso è proprio lei, la madre, a chiederne la soppressione o a provocarla.