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La Famiglia e la Vita umana nel messaggio di Ghiaie

 

 


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L'azione creatrice di Dio

modello dell'attività umana


Il lavoro umano deve rispettare il creato ed eseguire il piano divino. L'uomo, per una orgogliosa sicurezza nei suoi mezzi e nelle sue capacità, si può allontanare o addirittura mettere contro il piano divino. Tuttavia, ciò non deve portare a considerare il lavoro e le sue conquiste, come una violazione della natura e un affronto a Dio. È Dio che ha dato all'uomo la capacità e il compito di scoprire i segreti della natura. In questa conoscenza che si va estendendo sempre di più, si realizza la sua natura razionale e il suo dominio sulla terra.

Tutti i lavoratori, anche quelli che si occupano delle ordinarie attività quotidiane, hanno la dignità di compartecipi dell'opera di Dio. Non c'è distinzione tra lavoro e lavoro, come voleva la sapienza antica, perché questa dignità sta prima di tutto nell'uomo stesso.

Giovanni XXIII affermava che gli uomini e le donne che esercitano la loro attività per procurare il sostentamento per sé e la loro famiglia, rendendo anche un servizio alla società, possono giustamente ritenere che col loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e danno un contributo personale al piano provvidenziale di Dio nella storia (cfr. enciclica «Pacem in Terris»: A A S 5 5, pag. 297).

L'uomo vertice del creato materiale, ne deve essere anche il sacerdote. Nel primo capitolo della Genesi troviamo il significato del riposo di Dio nel settimo giorno. Descrivendo il lavoro di Dio nella settimana si vuole dare alla vita dell'uomo un ritmo sacro: l'attività creatrice di Dio è il modello di ogni lavoro umano. Ogni attività dell'uomo deve essere guidata dalla consapevolezza della sua totale dipendenza da Dio nell'essere come nell'operare. Quando si dice che il lavoro è collaborazione all'azione creatrice di Dio, è implicita in quest'affermazione la dipendenza del lavoro da un ordine esistente, cioè dalla costituzione della realtà su cui si lavora. L'uomo che crede nella creazione riconosce che con il suo lavoro incomincia da qualcosa che già esiste e dipende da Dio.

La razionalizzazione e l'automatizzazione, per quanto possano progredire, si muoveranno sempre entro l'ambito delle potenzialità predeterminate nelle cose e nell'universo. Considerando l'uomo che opera nell'ambito del disegno divino, attuandolo per quanto gli compete, meglio si comprende come la sua opera sia un riflesso della creazione. Enorme è quindi la differenza tra il credente da una parte, l'ateo e l'agnostico dall'altra. Mentre il primo sa da dove parte ed ogni scoperta gli serve da filo conduttore per conoscere il disegno di Dio che si va attuando, i secondi si troveranno dinanzi ad una realtà sempre più misteriosa che può fornire loro soltanto dati frammentari. Perciò chi rifiuta l'ateismo non solo è il più saggio, ma è l'unico che aiuti a conoscere compiutamente la realtà creata, per quanto è possibile ad una creatura umana.

Questa consapevolezza di essere collaboratore di Dio porta l'uomo ad importanti conseguenze: Dio non ha cessato di creare, egli opera sempre; Dio non ha creato il mondo, Dio sta creando il mondo. L'immagine biblica di Dio che plasma il mondo non deve indurci a pensare che dopo averlo creato lo abbia abbandonato. Con una maggiore conoscenza delle leggi che guidano il cosmo, in una continua trasformazione, abbiamo un'idea più chiara di Dio creatore, la cui grandezza non si misura pensando solo al principio della creazione, quanto al momento attuale e al futuro.

Dio sta portando a compimento la creazione e lo fa servendosi anche di noi. Ora sono più chiare le parole rivolte da Gesù ai giudei, in risposta alla loro accusa di violazione della legge del sabato, per avere guarito il paralitico presso la piscina chiamata in ebraico Betzata: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero» (Gv 5, 17). Espressione questa, il cui senso supera non solo la concezione rabbinica, che ammetteva la continua attività di Dio come giudice supremo, ma anche quella di teologi ed esegeti che vi vedono l'azione di Dio limitata al governo ed alla conservazione degli esseri.

Così è superata quella distinzione fra arti liberali, cioè il lavoro intellettuale proprio dei liberi e opere servili, cioè lavoro manuale proprio dei servi, degli schiavi.

Distinzione ereditata dal pensiero greco e pagano in generale e poi accettata dai moralisti del passato, nonostante il lavoro manuale di Cristo a Nazareth.

La riflessione sulla Bibbia porta a considerare il lavoro anche come vocazione dell'uomo. È da tenere presente che la vocazione dell'uomo non si ferma ad un ordine puramente naturale. Il disegno di Dio per l'uomo appare totalmente in Cristo. Cristo svela all'uomo la sua vocazione soprannaturale: in lui e attraverso di lui l'uomo è chiamato alla comunione con Dio. A questa meta l'uomo giungerà dando una risposta d'amore a Dio, vivendo ora pienamente la sua vocazione terrestre.