Sample menu:

Regina della Famiglia

Storia delle apparizioni a Ghiaie sessant'anni dopo

 




per scaricare il libro
completo clicca qui

 

 

PROBLEMI E DIFFICOLTA'


La deposizione di don Cesare Vitali

 

Riporto in parte il verbale della quinta seduta del tribunale, tenuto il 9 giugno 1947, nella Curia di Bergamo.

Don Cesare Vitali, parroco di Ghiaie, così risponde:

- Io ho detto subito a don Cortesi che mi sembrava impossibile che l'Adelaide avesse detto una cosa simile perché la bambina a me ha sempre detto che aveva visto la Madonna. E poi la bambina mi ha detto che lei ha scritto sotto dettatura. Io ho inteso queste parole in senso stretto.

Io ho preso l'Adelaide d'accordo con mons. Bramini nelle vacanze e le ho parlato facendole presente che se diceva bugie faceva peccato mortale. E lei mi ha risposto che aveva visto la Madonna. "Quante volte?" — "13 volte".

E poi ho fatto altre domande su particolari: come, quando e in modo speciale sull'apparizione del 28 maggio, giorno della la Comunione, e lei ha aggiunto che in quel giorno la Madonna era vestita di rosso col manto verde, la corona di regina in testa e due rose sui piedi.

E poi le ho detto: "Ma se hai scritto a don Cortesi che non l'hai vista?".

- "Ho scritto sotto dettatura", così ha risposto.

In quel tempo, luglio 1946, la bambina ha parlato anche con la dott. Maggi, la quale portatasi all'asilo con me l'ha interrogata a lungo e lei ha sempre affermato di aver visto la Madonna.

Ne avrei cattiva impressione, perché a me ha sempre detto che l'aveva vista. Quindi o la bambina fa una bugia adesso o l'ha fatta allora. E non la credo capace di avere fatto una bugia così marchiana, dicendo di aver visto la Madonna mentre non l'avrebbe vista. Mons. Merati contesta che don Cortesi possa aver obbligato la bambina a negare una tale cosa.

Il parroco risponde:

- Don Cortesi si è comportato molto male. Ha sempre interrogato delle donnette, mai persone serie. Io credo che don Cortesi in un secondo tempo (prima era favorevole) abbia subito l'influenza dei miei colleghi vicini che erano contrari.

Mons. Cavadini:

- E se l'Adelaide confermasse di aver scritto sotto dettatura in senso largo?

Il teste risponde: Direi che allora a me ha detto una bugia.

I giudici spiegano il pensiero della bambina sulla dettatura; e aggiungono che la bambina oramai nega ripetutamente di aver vista la Madonna.

Il teste fa presente che la bambina il giorno in cui venne a casa fu portata subito in casa sua, senza subire l'influsso di nessuno. In quell'occasione, dopo me, hanno interrogata la bambina don Piccardi, mons. Bramini, padre Petazzi.

Mons. Patelli:

- La bambina è attendibile?

Il teste risponde:

- Io la conoscevo poco; l'ho interrogata dopo il sorgere dei fatti più volte e non ho avuto l'impressione che dicesse bugie. E non la credo portata alla menzogna. L'ultima volta che l'ho vista, sarà un mese fa, dalle Suore della Sagesse, ma non ho notato nulla di speciale.

Intorno ai particolari dell'origine dei fatti, mons. Cavadini prospetta la possibilità che la bambina abbia detto per scherzo alle compagne di aver visto la Madonna. Il parroco dice che essa ha affermato subito dopo la prima presunta apparizione (7 o 8 minuti dopo) di aver vista la Madonna. Egli non la ritiene capace di inventare una cosa simile.

Mons. Patelli:

- Lei crede che la bimba sia sempre stata coerente nel riferire i particolari delle visioni?

- Per quelle poche volte che l'ho interrogata io l'ho trovata sempre coerente.

Il tribunale fa noto al teste che da quanto risulta finora essa continua a negare di aver vista la Madonna. Il parroco aggiunge che la bambina quando è andata a casa la sera piangeva e alla cugina Annunziata che chiese il perché rispose che piangeva perché aveva detto che non era vero che aveva visto la Madonna, mentre era vero che aveva visto la Madonna. E il teste aggiunge che in conseguenza forse fu indotta dal curato a scrivere qualche cosa in merito. Lui però di positivo sa solo che dalle Suore della Sagesse le fu dato un quaderno per scrivere le sue note.

- Mons. Bramini il giorno 13 maggio è stato a Ghiaie; e mi ha detto che attendeva che il tribunale avesse a dare gli ordini. E lui aveva fiducia che la cosa sarebbe andata bene...

- Se ora si trattasse di togliere via gli ex-voto, spegnere le luci, togliere i segni speciali di devozione che impressione se ne avrebbe?

- Pessima impressione, risponde il teste. C'era una persona incaricata di vigilare sul posto e lei ha messo i quadretti. Certo che se si decidesse che non è vero nulla io sono disposto a venir via dalla parrocchia. Io ai primi giorni delle apparizioni sono stato scetticissimo. Poi ho visto delle prime grazie e guarigioni. E allora ho incominciato a essere fiducioso. Anche recentemente, un mese e mezzo fa, all'Adelaide ho domandato ancora presso le Suore della Sagesse, e lei mi ha confermato che l'ha vista la Madonna e c'è sempre gente sul luogo. Ieri sera verso le 9 ci sono andato io e c'erano ancora 8 o 9 persone. Durante il giorno ce n'erano migliaia.

Sorprende l'insistenza, con la quale i giudici del tribunale ecclesiastico, tentano di convincere il parroco don Cesare Vitali, che la bambina ha mentito, e come prova di questa certezza portano le ripetute negazioni che la bambina ha fatto con don Cortesi e con loro.

Le prove addotte dal parroco, a favore della sincerità di Adelaide, non sono tenute in alcuna considerazione. Ciò che conta è quello che ha scritto e affermato don Cortesi. Si insiste nel rilevare l'incoerenza della bambina nel riferire i particolari delle apparizioni, a volte insignificanti. Si sa che la bambina era frastornata da tutto ciò che le era capitato e si svolgeva attorno a lei, in quei giorni delle apparizioni. Tolta d'improvviso dal suo ambiente tranquillo, assillata e affaticata dal peso della notorietà, dai lunghi interrogatori, poteva avere dimenticato o confuso, non solo i particolari, ma anche le parole della Vergine Maria, come è capitato anche ad altri veggenti, per esempio a Santa Bernardetta Soubirous, la quale a non molta distanza dagli avvenimenti, di alcune circostanze non ricordava più nulla e, tolte le prime tre apparizioni, tutte le altre si erano come sovrapposte nella sua memoria, per cui preferiva narrare globalmente le visioni senza altre specificazioni. Invece di interrogare la bambina in quel modo ed esaminare la sua psiche, la sua coscienza, il suo corpo, si dovevano fare "esami e perizie intorno alle guarigioni", come aveva chiesto il vescovo di Bergamo, nel decreto costitutivo del tribunale ecclesiastico.

La sesta ed ultima seduta viene fatta nella casa del parroco di Ghiaie, il 10 giugno 1947, ne riporto in parte il verbale.